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06 Ottobre 2023
Svolta sul “Greenwashing”: in arrivo una direttiva sulle norme per contrastarlo
Il greenwashing può essere definito come il tentativo da parte di un’azienda, sia essa pubblica o privata di apparire sostenibili tramite una strategia di comunicazione e marketing che valorizza la reputazione di “sostenibilità” dell’azienda, tuttavia non supportata da risultati reali e concreti a supporto della campagna comunicativa.
Anche in Italia si assiste ai primi ricorsi in tema di pubblicità ingannevole volti a tutelare i diritti dei consumatori in materia di concorrenza.
A livello comunitario, secondo il Comunicato Stampa diffuso dal Parlamento Europeo, è stato raggiunto un accordo per aggiornare l’elenco attuale di pratiche commerciali vietate dall’UE.
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L’obiettivo delle nuove norme è proteggere i consumatori dalle pratiche ingannevoli e aiutarli a compiere scelte di acquisto migliori.
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Saranno quindi vietati in futuro:
- Indicazioni ambientali generiche, ad es. “rispettose dell’ambiente”, “naturali”, “biodegradabili”, “neutre per il clima” o “eco”, senza prova di eccellenti prestazioni ambientali riconosciute rilevanti;
- Comunicazioni commerciali su un bene con una caratteristica che ne limita la durata se sono disponibili informazioni sulla caratteristica e sui suoi effetti sulla durabilità;
- Indicazioni basate su sistemi di compensazione delle emissioni secondo cui un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente;
- Etichette di sostenibilità non basate su sistemi di certificazione approvati o istituiti da autorità pubbliche;
- Affermazioni sulla durata in termini di tempo di utilizzo o intensità in condizioni normali, se non comprovate;
- Richieste al consumatore di sostituire i materiali di consumo, come le cartucce di inchiostro della stampante, prima dello stretto necessario;
- Presentazione degli aggiornamenti software necessari anche se migliorano solo le funzionalità;
- Presentazione dei beni come riparabili quando non lo sono.
Tale normativa avrà anche un impatto indiretto sugli appalti pubblici in quanto le Stazioni Appaltanti potranno definire specifiche tecniche minime e requisiti premianti volti a contrastare la politica di greenwashing. Anche l’assegnazione di punti tecnici migliorativi può effettivamente contrastare il greenwashing se le società sono in grado di dimostrare in gara e durante l’esecuzione contrattuale che il prodotto offerto riduce effettivamente l’impatto ambientale, fornendo prove documentate a supporto delle dichiarazioni rese.
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