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31 Maggio 2024
L’importanza del rispetto dei criteri ambientali minimi nelle gare d’appalto
Il Consiglio di Stato ha recentemente emanato la sentenza n. 4701 del 27 maggio 2024 di grande rilevanza per il settore degli appalti pubblici, affrontando una questione cruciale per l’applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM) nelle procedure di gara.
La sentenza si concentra sull’individuazione della soglia normativa minima per l’inclusione dei CAM nei bandi di gara, sollevando importanti interrogativi sulla semplificazione e sull’effettività normativa.
Come noto, l’art. 34, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 prescriveva espressamente “l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei Criteri Ambientali Minimi adottati con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (….) ”.
Identica disciplina è contenuta nell’art. 57, comma 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023, che si pone in relazione di continuità con l’obbligatorietà dei Criteri Ambientali Minimi.
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Il Consiglio di Stato è stato chiamato a chiarire se fosse accettabile una mera eterointegrazione della legge di gara attraverso un generico rinvio ai decreti ministeriali sui CAM in luogo di espresse previsioni.
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Il Consiglio richiama la sentenza n. 8773/2022, alla quale si conforma ricordando che: ” la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è pacifica nel rinvenire la ratio dell’obbligatorietà dei Criteri Ambientali Minimi nell’esigenza di garantire che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde” (così, da ultimo, la sentenza n. 6934/2022). La previsione in parola, e l’istituto da essa disciplinato, contribuiscono dunque a connotare l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare” ”.
Sempre la sentenza n. 8773/2022 ha chiarito che “non possono ritenersi rispettate tali previsioni allegando il generico rinvio della legge di gara alle disposizioni vigenti, ovvero opponendo in memoria – in un’ottica di risultato – che l’aggiudicataria avesse comunque offerto in gara prodotti biologici e possiede certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa””.
Ed infatti, la giurisprudenza ha sempre sostenuto l’obbligatorietà dei CAM non solo per ridurre gli impatti ambientali, ma anche per promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili e circolari.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha rigettato l’argomentazione delle parti appellate che sostenevano la conformità della legge di gara attraverso un richiamo generico ai CAM, così come riconosciuto dal giudice di primo grado.
La sentenza chiarisce che la legge di gara deve dettagliare specificamente come i CAM vengono implementati, evitando ambiguità che possano spostare il rispetto dei Criteri Ambientali alla fase esecutiva del contratto.
Il Collegio ha ritenuto che una tale interpretazione contraddirebbe la logica del risultato, che mira a una sollecita definizione dei diritti e obblighi delle parti in termini di certezza e stabilità.
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Questa sentenza rafforza la necessità di una precisa e dettagliata inclusione dei CAM nelle leggi di gara. Essa contribuisce a trasformare i contratti pubblici in strumenti di politica economica, sociale e ambientale.
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Sottolinea inoltre che il principio del risultato, nel contesto dei contratti pubblici, non può essere limitato alla rapidità e economicità, ma deve includere la qualità delle prestazioni in termini di sostenibilità ambientale.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, ribadito che “la tesi della eterointegrazione, che ha consentito al primo giudice di ritenere legittima la legge di gara, per un verso contraddice la tesi delle parti appellate circa la completezza della relativa documentazione; per altro verso – stante la genericità sul punto di disciplinare e capitolato, e la conseguente necessità di integrarne ab extrinseco la disciplina – ha l’effetto di spostare nella fase di esecuzione del contratto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai Criteri Ambientali“.
Il Consiglio di Stato ha riconosciuto che, nell’attuale quadro normativo, il contratto di appalto non è più solo un mezzo per procurarsi beni o servizi, ma uno strumento a plurimo impiego funzionale all’attuazione di politiche pubbliche ulteriori rispetto all’oggetto negoziale immediato. Questo approccio multipolare assegna ai contratti pubblici il ruolo di strumenti di politiche economiche e sociali, con significative ricadute sulla causa del provvedimento di scelta del contraente.
La sentenza n. 4701/2024 del Consiglio di Stato rappresenta un importante passo avanti nella tutela degli interessi pubblici primari, in particolare quelli ambientali, all’interno delle procedure di gara pubblica.
Essa conferma che i CAM devono essere chiaramente specificati nei documenti di gara, promuovendo una maggiore certezza e stabilità nei rapporti contrattuali e rafforzando il ruolo dei contratti pubblici come strumenti di politiche ambientali e sociali.
Pertanto le Stazioni Appaltanti dovranno garantire un’applicazione rigorosa e dettagliata dei CAM. Gli operatori economici, invece, dovranno prepararsi a rispondere a requisiti ambientali sempre più stringenti e specifici nei bandi di gara, già in fase di offerta.
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