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24 Gennaio 2025
Cambio di rotta nelle politiche di trasparenza
Uno dei temi più discussi nell’ambito della Legge di Bilancio è stato l’articolo 112, che introduceva un obbligo controverso per le imprese che ricevono contributi pubblici superiori a una determinata soglia. Questa norma prevedeva che tali imprese integrassero i propri organi di revisione con un controllore del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), un provvedimento che ha generato numerose polemiche e dibattiti tra esperti, associazioni di categoria e istituzioni. Avevamo trattato l’argomento in precedenza, con un articolo dedicato alla norma.
Tuttavia, con un emendamento approvato di recente, tale disposizione è stata eliminata, dando vita a una nuova struttura normativa meno invasiva e più orientata alla responsabilizzazione interna delle aziende.
L’articolo 112, nella sua formulazione iniziale, si proponeva di introdurre un meccanismo di controllo diretto sulle società che beneficiano di finanziamenti pubblici, con lo scopo di garantire una maggiore trasparenza e un utilizzo corretto delle risorse statali. In particolare, veniva stabilito che tutte le imprese, sia pubbliche che private, che ricevessero aiuti statali superiori a € 100.000, fossero obbligate a includere un rappresentante del MEF nei propri collegi di revisione o sindacali.
L’obiettivo dichiarato della norma era quello di rafforzare la vigilanza sull’utilizzo dei fondi pubblici, soprattutto in un momento storico in cui i trasferimenti di risorse pubbliche sono aumentati in risposta a esigenze economiche e sociali straordinarie. Tuttavia, questa previsione ha subito incontrato resistenze da parte di diversi attori istituzionali e professionali, che hanno messo in discussione la sua efficacia e la sua reale necessità.
Sin dalla sua introduzione, la norma ha scatenato numerosi dibattiti. Le critiche si sono concentrate su diversi punti: il possibile impatto burocratico, le implicazioni sull’autonomia delle imprese e le difficoltà operative legate all’attuazione del provvedimento.
Da un lato, alcune associazioni di categoria e rappresentanti del settore non profit hanno evidenziato il rischio che tale obbligo potesse gravare in modo eccessivo su organizzazioni già impegnate nel rispetto di normative complesse.
In particolare, il Forum del Terzo Settore ha sottolineato che molte realtà no profit, nonostante ricevano contributi pubblici significativi, operano con risorse limitate e avrebbero incontrato difficoltà a sostenere l’ulteriore peso di un controllore ministeriale.
Dall’altro lato, anche il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ha espresso perplessità, evidenziando come l’introduzione di un rappresentante del MEF nei collegi di revisione potesse entrare in conflitto con i principi di autonomia e indipendenza che regolano tali organi. Inoltre, il tetto di € 100.000 era stato giudicato troppo basso, rischiando di includere un numero elevatissimo di imprese, con un conseguente incremento del carico di lavoro per il MEF stesso.
Le preoccupazioni non si limitavano agli aspetti pratici: diversi esperti hanno sollevato dubbi anche sull’efficacia del provvedimento. Inserire un controllore del MEF, infatti, non garantiva automaticamente una gestione più trasparente o corretta dei fondi pubblici, mentre poteva generare tensioni interne agli organi di controllo aziendali.
A fronte delle polemiche e delle criticità emerse, il Governo ha deciso di modificare radicalmente la norma durante l’iter di approvazione della legge di Bilancio. L’emendamento approvato ha eliminato l’obbligo di includere un rappresentante del MEF nei collegi di revisione e ha anche rimosso la soglia specifica dei € 100.000, sostituendola con un criterio più flessibile basato sulla “significatività” dei contributi ricevuti.
La nuova versione della norma prevede che siano i revisori già in carica a svolgere un ruolo attivo nella verifica dell’utilizzo dei fondi pubblici. In particolare, è stato introdotto l’obbligo per i revisori di redigere una relazione annuale in cui attestano che le risorse ricevute dall’impresa siano state impiegate in conformità agli obiettivi per cui erano state erogate. Questa relazione, destinata a essere trasmessa alle autorità competenti, diventa il principale strumento di controllo.
Tuttavia, la mancanza di un parametro numerico chiaro per definire la “significatività” dei contributi rappresenta un potenziale punto di debolezza della nuova norma. Per evitare incertezze applicative, il MEF dovrà emanare linee guida precise che definiscano i criteri per stabilire quando un contributo può essere considerato significativo e quali informazioni devono essere incluse nelle relazioni redatte dai revisori.
L’eliminazione dell’obbligo di includere un controllore MEF nei collegi di revisione rappresenta un cambio di direzione importante nella gestione dei controlli sulle imprese beneficiarie di fondi pubblici. Questo intervento normativo riflette la volontà di bilanciare l’esigenza di garantire trasparenza e accountability nell’uso delle risorse statali con quella di non appesantire inutilmente le attività delle imprese e delle organizzazioni, soprattutto quelle di dimensioni più contenute.
La nuova struttura normativa, basata sull’attività dei revisori interni e sulla redazione di relazioni annuali, punta a responsabilizzare le aziende beneficiarie, affidando il controllo a meccanismi già esistenti e consolidati. Tuttavia, per garantire che questa soluzione sia efficace, sarà fondamentale che il MEF fornisca indicazioni chiare e dettagliate sui criteri di applicazione della norma. Inoltre, sarà necessario monitorare con attenzione l’impatto delle nuove disposizioni per valutare se esse siano sufficienti a prevenire abusi e a garantire un uso corretto dei fondi pubblici.
Resta da vedere se questa nuova impostazione normativa riuscirà a ottenere un ampio consenso e a soddisfare le aspettative sia delle istituzioni sia degli operatori economici. Nel frattempo, il dibattito su come garantire trasparenza e responsabilità nell’utilizzo delle risorse pubbliche rimane più che mai attuale, richiedendo soluzioni che combinino efficacia, proporzionalità e rispetto per l’autonomia degli operatori.
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