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06 Dicembre 2024
Il commissariamento degli organi di controllo
L’articolo 112 della Legge di Bilancio 2025, attualmente in fase di discussione e prossima approvazione, contiene delle novità assolute in tema di controllo pubblico sulle aziende private che ricevono finanziamenti dagli organi dello Stato.
In particolare, la nuova norma andrebbe a riguardare tutti gli enti, società, organismi e fondazioni che ricevono dallo Stato, anche in modo indiretto, un contributo di entità significativa, definito in sede di prima applicazione nel valore di 100 mila euro annui e da meglio valutare in seguito con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze (MEF). Rientrano nella norma i contributi ottenuti a qualunque titolo.
Fanno eccezione gli Enti Pubblici e le società già partecipate da Enti Pubblici. Questa previsione obbligherebbe le imprese rientranti nei parametri citati a nominare nei propri Collegi Sindacali o di Revisione un rappresentante incaricato del MEF, costringendo le società a modificare appositamente i propri Statuti. Alcune stime preliminari determinano in circa 40.000 il numero di imprese che verranno impattate dalla normativa.
L’obbligo di integrazione dovrebbe applicarsi con decorrenza dalla prima scadenza del collegio successiva all’esercizio in cui si verificano le condizioni stabilite e cessi con decorrenza dalla prima scadenza del collegio successiva al venir meno delle medesime condizioni.
Per il momento, pare che la norma coinvolga solo le imprese che soddisferanno i requisiti a partire dalla data di entrata in vigore della nuova Legge (1 gennaio 2025), salvaguardando le entità che hanno ricevuto i contributi eccedenti i € 100.000 nella durata dell’esercizio corrente.
L’obiettivo della norma pare essere quello di incrementare il grado di vigilanza da parte del MEF al fine di garantire una corretta gestione dei contributi pubblici verso il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. A riguardo di come il Ministero sceglierà i propri rappresentanti da inserire nei Collegi delle imprese private rientranti nei parametri, si ricorda la normativa in vigore ad oggi quale il D.L. n. 98/2011 convertito con Legge 15 luglio 2011, n. 111, che indica come essi debbano essere scelti tra i dipendenti del Ministero stesso che presentino adeguata idoneità professionale e siano iscritti in appositi elenchi.
Non appena è stata divulgata la notizia dell’inserimento di questa novità legislativa all’interno della Legge di Bilancio 2025, si sono scatenate diverse critiche e polemiche su più fronti, principalmente dal lato delle associazioni di rappresentanza degli stessi Dottori Commercialisti e Revisori Contabili.
Innanzitutto, si è mossa in prima persona il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), il cui Tesoriere Nazionale Salvatore Regalbuto si è già espresso davanti alla Commissione Bicamerale Bilancio, denunciando una
“
Limitazione sia della libera iniziativa d’impresa, sia dei poteri dell’assemblea dei soci
”
Che discenderebbe dalla nuova normativa. I rappresentanti del CNDCEC hanno anche espresso forti perplessità in merito alla costituzionalità della Legge, nonché sulla conformità ai principi fondamentali di libertà di impresa sanciti dall’Unione Europea.
Una nota congiunta effettuata dall’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (UNGDCEC), dall’Associazione dei Dottori Commercialisti (ADC) e dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC), tre importanti unioni sindacali di rappresentanza dei professionisti nell’ambito della revisione contabile, denuncia un vero e proprio tentativo di “Commissariamento degli organi di controllo”, da parte del Governo, richiedendo pertanto contestualmente la totale soppressione della norma.
Le motivazioni addotte sono molteplici:
- Violazione della libertà di nomina dei componenti dell’organo di controllo da parte dell’assemblea dei soci.
- Contrasto normativo con il Codice Civile e potenziale surrettizio scavalcamento dei requisiti professionali previsti dall’art. 2397 C.C. e dall’art. 2 del D.Lgs. 39/2010.
- Introduzione di un potenziale e confuso doppio binario nei doveri degli organi di controllo. Le attività previste dall’art. 112 non potranno sottrarre il Sindaco “ministeriale” da tutti gli altri doveri del Collegio Sindacale o del Revisore, previsti dal Codice Civile, dal D.Lgs. 39/2010, a cui si aggiungono gli obblighi di segnalazione dal Codice della Crisi.
- Sperequazione dimensionale e per tipologie di società. La norma opera un differente trattamento per le società destinatarie di contributi pubblici superiori alla soglia prevista di euro 100.000, ma che non abbiano superato i limiti dimensionali di cui all’art. 2477 C.C., per non parlare delle società di persone o le imprese individuali destinatarie delle medesime misure.
La norma è stata inoltre già contestata anche da entità esterne al mondo della revisione contabile, quale ad esempio la Fondazione AVSI, organizzazione non governativa senza scopo di lucro impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo nei paesi del sud del Mondo.
La fondazione, che pertanto trova nei finanziamenti pubblici, sia nazionali che europei, cospicue erogazioni di sovvenzioni, e quindi si ritroverebbe fortemente impattata dalla normativa, ha chiesto ai Parlamentari la soppressione dell’articolo, facendo riferimento alla violazione del Principio Costituzionale di Sussidiarietà, alla lesione del principio di libera espressione della società civile nonché all’illiberalità dell’ingerenza e controllo governativo sul settore privato.
In attesa di vedere a quali sviluppi andrà incontro la discussione sulla nuova normativa, si fa affidamento in nella capacità del Parlamento di riconoscere le critiche mosse dalle associazioni di categoria (e non solo) e alla conseguente possibilità di mediazione con gli interessati, al fine di giungere ad una risoluzione della controversia che tenga conto degli interessi di tutte le parti in causa.
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