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24 Marzo 2023
Appalti pubblici: il conflitto di interessi per parentela arriva fino al sesto grado.
La conferma dell'ANAC
Una segnalazione anonima informava l’ANAC della presenza di un legame di parentela tra uno dei mandanti di un RTI aggiudicatario ed il RUP di gara.
In seguito a tale contestazione, l’ANAC avviava un procedimento disciplinare nei confronti delle parti interessate (stazione appaltante e RTI aggiudicatario), rimproverando a quest’ultime la violazione dell’articolo 42 del Codice degli appalti (d.lgs. 50/2016), articolo che disciplina l’eventuale presenza di un conflitto di interesse. In particolare nessuna delle due parti aveva effettivamente comunicato l’esistenza del legame parentale. Inoltre non si era dato luogo ad astensione o sostituzione del RUP, né all’esclusione del concorrente ovvero ai rimedi previsti dal codice in caso di scoperta successiva del conflitto.
All’interno della sua difesa, la stazione appaltante eccepisce come il legame di parentela, effettivamente esistente tra i soggetti, fosse un fatto talmente assodato e notorio da non necessitare di alcun tipo di dichiarazione o pubblicità. La stazione appaltante inoltre eccepiva a sostegno della tesi succitata anche la presenza di una particolare esiguità del personale comunale (tale da rendere assai difficoltosa la sostituzione del RUP) e lo scarso peso della partecipazione del soggetto mandante della RTI nella stessa.
La mandataria del RTI aggiudicatario, oltre a sostenere anch’essa lo scarso peso della partecipazione del soggetto all’interno della RTI, si opponeva invece sostenendo la mancata conoscenza di questo legame di parentela e che comunque, ai sensi di legge, non vi poteva essere violazione in quanto la suddetta parentela arrivava fino al quarto grado mentre la legge pone come confine per rientrare all’interno del conflitto di interessi la parentela fino al secondo (art. 7 DPR 62/2013).
Il procedimento si concludeva con l’emissione da parte dell’ANAC della Delibera n. 63 del 8 febbraio 2023.
L’ANAC inizia precisando, rifacendosi alle proprie linee guida, che, indipendentemente dalla situazione fattuale in cui ci si trovi, ogni legame di parentela va dichiarato al fine di garantire la trasparenza più totale del procedimento. Precisa inoltre l’ANAC, che tale valutazione ha carattere preventivo e antecedente rispetto all’inizio del procedimento e, nel caso in cui dovesse emergere questo conflitto solo in sede successiva, il RUP è tenuto ad astenersi.
L’Autorità specifica inoltre come la suddetta notorietà del legame di parentela non sia sufficiente ad escludere l’obbligo di dichiarazione della stessa. Inoltre l’ANAC chiarisce come tale presunta pubblicità del legame di parentela non sia idonea a generare un’implicita valutazione di irrilevanza nell’ambito di un possibile conflitto di interesse.
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L’ANAC osserva poi che non ogni legame parentale impone un obbligo assoluto e automatico di astensione o sostituzione oppure di esclusione del concorrente.
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Nel caso di specie viene evidenziato come il ruolo del RUP sia stato tutt’altro che marginale, ma che anzi abbia partecipato attivamente ad ogni fase del procedimento, effettuando verifiche, adottando i provvedimenti necessari e soprattutto facendo parte della commissione giudicatrice.
Non può ovviamente avere importanza il fatto che tutte queste decisioni siano state prese in collegialità, in quanto il Codice richiede la totale imparzialità di tutti i membri dell’organo.
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Pertanto, l’Autorità ritiene che l’aggiudicazione dell’affidamento in esame e la sua successiva esecuzione siano state condotte in violazione dell’art. 42 del Codice dei Contratti.
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Per quanto riguarda la nozione di parentela e affinità, l’ANAC osserva che il suddetto art. 42 co. 2 sancisce che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi.”
In soccorso del proprio percorso logico, l’ANAC chiama in ballo la distinzione tra parenti e affini contenuta nel codice civile, evidenziando come quest’ultime non sancisca alcun limite di grado con riguardo al vincolo di affinità, a differenza del rapporto di parentela.
Si evince dunque dal dato letterale emergente dall’art. 42 co. 2 d.lgs. 50/2016 la volontà di separare la nozione di parentela da quella di affinità: “l’utilizzo della virgola rafforza la distinzione, mentre se il legislatore avesse voluto accomunare le due nozioni avrebbe presumibilmente adottato la congiunzione “e” tra le due fattispecie o avrebbe espressamente circoscritto la nozione civilistica di parentela. L’utilizzo della disgiuntiva “o”, nel caso di specie, riflette una chiara volontà di differenziare le ipotesi di parentela da quelle di affinità”.
Per quanto sopra esposto, in conclusione si evidenzia come la nozione di parentela rilevante contenuta nel Codice dei Contratti si riferisca ai parenti fino al 6° grado, conseguendone un obbligo dichiarativo, ove il legame sussista.
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