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24 Febbraio 2023

Valutazione sulla sostenibilità del Piano economico finanziario

Valutazione sulla sostenibilità del  Piano economico finanziario

Nella sentenza in commento, un operatore economico appellava la sentenza del TAR, riproponendo i tre motivi di ricorso avanzati in primo grado, richiedendo declaratoria di nullità del provvedimento di aggiudicazione di una gara, a cui il medesimo operatore aveva partecipato senza classificarsi come primo.

Per quel che interessa la presente analisi – vertente sulla possibilità di compiere valutazione di merito sul piano economico-finanziario (PEF) e richiedere la nullità del provvedimento di aggiudicazione – l’appellante con il secondo e il terzo motivo di impugnazione censurava i capi di sentenza del TAR, con i quali il primo giudice aveva respinto le doglianze di inadeguatezza relative ai seguenti punti

  • analisi trasportistica presentata dall’aggiudicataria “ALFA”
  • inattendibilità degli assunti economici posti a base della redazione del piano economico-finanziario (PEF),
  • inattendibilità degli assunti economici posti a base della redazione del piano finanziario regolatorio (PFR)
  • elaborazioni economico-finanziarie condotte per la determinazione degli elementi di cui alla lettera B), paragrafo F), del punto “E) offerta economica” della lettera di invito (da ritenersi, quindi, anch’essi inaffidabili sotto il profilo economico finanziario).

La sentenza di primo grado riteneva infondati i vizi dedotti dall’appellante, affermando che essi vertevano su giudizi di merito riservati alla commissione giudicatrice “la quale ha comunque ritenuto congrua la detta analisi trasportistica, pur non condividendone appieno le risultanze. Ed infatti, la considerazione prognostica dei valori assunti da possibili variabili è operazione aleatoria ed opinabile, esito per lo più di calcoli basati su algoritmi e frutto di studi specialistici, tal che l’amministrazione si è potuta solo assestare su di un giudizio di sufficiente attendibilità dell’analisi trasportistica presentata dal controinteressato, in linea con la fisiologica assunzione del relativo rischio di gestione in capo al concessionario stesso”.

A tal proposito, secondo i giudici del Consiglio di Stato  sez. V con sentenza n. 1042 del 30.01.2023 –  l’esame di detti motivi di impugnazione proposti dall’appellante – deve prendere le mosse dalla funzione che assume il piano economico finanziario nelle concessioni di lavori e di servizi.

Ed infatti, secondo la definizione legale contenuta nell’art. 3, comma 1, lettere uu) [concessione di lavori] e vv) [concessione di servizi], del Codice dei contratti pubblici, formulata in piena coerenza con il diritto unionale, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio).

La concessione, sia di lavori pubblici che di servizi, si caratterizza per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate.

Il che significa, come d’altronde emerge agevolmente dalla lettura sia delle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. cit. [si vedano anche le lettere zz), aaa), bbb) e ccc), nelle quali è scolpita la definizione delle diverse tipologie di rischi trasferiti in capo al concessionario], che dell’art. 165 del Codice dei contratti pubblici, che i servizi in questione debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni.

Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica.

 

Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.

Sempre il Consiglio di Stato afferma che, in questo quadro, il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa, ossia la “contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria” attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.; corretta allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente), lungo tutto l’arco temporale della gestione.

Se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.

Controllo che non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la (di regola) limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore.

L’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, i limiti entro i quali tale assunzione è ammissibile e non compromette il proficuo svolgimento dell’attività affidata al terzo [la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria: art. 3, comma 1, lett. fff)], è l’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente.

La ricostruzione delineata riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2022, n. 795, ed ivi ulteriori precedenti conformi) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n.4760).

In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).

Infine, il Consiglio di Stato, ha ritenuto che “deve essere ulteriormente ribadito che le valutazioni circa la sostenibilità del PEF e dell’offerta rientrano in un ambito di valutazione tecnica riservato all’amministrazione concedente, tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza”, precisando quindi i limiti entro cui il proprio giudizio possa investire anche elementi di valutazione tecnica, di regola riservati alla stazione appaltante.

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