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09 Giugno 2023

Rating ESG e la Direttiva 2022/2464 sulla rendicontazione annuale di sostenibilità.

Rating ESG e la Direttiva 2022/2464 sulla rendicontazione annuale di sostenibilità.

Il bilancio di sostenibilità e il rating ESG (acronimo di Environmental, Social e Governance) sono strettamente collegati e si influenzano reciprocamente.

 

Il bilancio di sostenibilità fornisce dati e informazioni sulle performance ambientali, sociali e di governance di un’azienda, fornendo una visione olistica dell’impatto complessivo dell’azienda stessa sulla sostenibilità e può includere metriche e indicatori specifici come – ad esempio – le emissioni di gas serra, l’utilizzo delle risorse idriche e naturali, la gestione dei rifiuti, le pratiche di lavoro equo, la diversità e l’inclusione. 

 

Il rating ESG è un’analisi sistematica che valuta come un’azienda si gestisce rispetto ai criteri ambientali, sociali e di governance. Questo rating è fornito da agenzie specializzate che valutano le performance di un’azienda in base a una serie di indicatori ESG specifici. Questi indicatori possono includere aspetti come le emissioni di CO2, la gestione dei rifiuti, la sicurezza sul lavoro, la trasparenza dei rapporti finanziari, la presenza di un consiglio di amministrazione diversificato e altro ancora.

Pertanto, le agenzie di rating ESG analizzano i dati provenienti dal bilancio di sostenibilità, insieme ad altre fonti di informazioni disponibili, per valutare le performance dell’azienda nei settori ambientale, sociale e di governance.

In questo ambito particolarmente significativa è la Direttiva 2022/2464 (CSRDCorporate Sustainability Reporting Standard Directive), pubblicata in Gazzetta ufficiale il 16 dicembre 2022 che gli Stati membri dovranno recepire entro il 6 luglio 2024 

In pratica, dal 2024 il bilancio di sostenibilità sarà obbligatorio per tutte le grandi imprese – indipendentemente dalla quotazione o meno delle stesse – e le PMI, qualora fossero quotate. Peraltro, questa novità impatterà indirettamente anche sulle PMI non quotate, in quanto se parte della supply chain delle obbligate grandi imprese, queste ultime dovranno chiedere ai propri fornitori di rispettare i parametri di sostenibilità. Nello specifico i soggetti obbligati saranno:

  • le imprese di grandi dimensioni anche se non sono di interesse pubblico (sono grandi imprese quelle che alla data di chiusura del bilancio superano i limiti numerici di almeno due dei tre seguenti criteri: stato patrimoniale pari a 20 milioni di euro; ricavi netti delle vendite e delle prestazioni pari a 40 milioni di euro; una media di 250 dipendenti);
  • le piccole e medie imprese quotate, ad eccezione delle microimprese;
  • le imprese di paesi terzi con fatturato netto superiore a 150 milioni nell’UE con almeno una filiale o succursale in Europa. 

Sempre la Direttiva prevede delle date di decorrenza per il rispetto degli obblighi di comunicazione. In particolare: 

  • dal 1º gennaio 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;
  • dal 1º gennaio 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario; 
  • dal 1º gennaio 2026 per le PMI quotate con una possibile esenzione dall’applicazione della Direttiva fino al 2028. 

La Direttiva integra e modifica diversi provvedimenti comunitari e, in particolare, la direttiva 2013/34 (NFRD, Non Financial Reporting Directive) in materia di rendicontazione annuale di sostenibilità, imponendo nuovi obblighi di rendicontazione da parte delle società circa il proprio operato e i relativi impatti in materia di ambiente, di diritti umani e sociali e di governance.

Le aziende obbligate dovranno presentare la rendicontazione annuale di sostenibilità,  riferendo sia in merito all’impatto delle proprie attività sulla società e sull’ambiente, sia in merito al modo in cui le questioni di sostenibilità incidono sullo sviluppo e sulle performance aziendali (c.d. principio di doppia materialità o doppia rilevanza).

Il report dovrà contenere il modello e la strategia aziendale che indichino la resilienza ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità; gli obiettivi connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall’impresa, inclusi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno per il 2030 e il 2050; il ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo nelle questioni di sostenibilità;  l’esistenza di sistemi di incentivi in materia di sostenibilità;  le procedure di due diligence applicate dall’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità; i principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa nonché le eventuali azioni intraprese per prevenirli o attenuarli e i relativi risultati; i principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità; indicatori pertinenti per la comunicazione delle informazioni.

Le informazioni che le piccole e medie imprese dovranno fornire sono, invece, meno dettagliate di quelle appena elencate e possono limitarsi alla descrizione della strategia e delle politiche aziendali in relazione alle questioni di sostenibilità, all’indicazione dei principali impatti negativi e delle eventuali azioni intraprese per far fronte ai medesimi nonché all’indicazione dei principali rischi per l’impresa e le relative modalità di gestione.

In base ai principi di rendicontazione, che saranno meglio specificati dalla Commissione europea, le società saranno tenute a comunicare:

  • informazioni riguardo a fattori ambientali quali l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’inquinamento, la biodiversità e gli ecosistemi;
  • informazioni riguardo a fattori sociali e diritti umani quali la parità di trattamento e le pari opportunità (comprese la parità di genere e la parità retributiva), le condizioni di lavoro (es. occupazione sicura, salari adeguati e orario di lavoro), i diritti delle persone con disabilità; 
  • le informazioni riguardo fattori di governance quali l’etica aziendale e la cultura d’impresa (compresa la lotta contro la corruzione), la protezione degli informatori e i rapporti con clienti e fornitori.

Vi sarà poi l’obbligo di ottenere il rilascio di un’attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità da parte di un revisore legale o di una società di revisione contabile, la quale dovrà rendere le proprie conclusioni in merito alla conformità della rendicontazione di sostenibilità alle disposizioni dell’UE.

In attesa del recepimento nazionale della Direttiva, le società stanno già iniziando ad adeguarsi potenziando gli interventi in ciascuno dei 3 ambiti dell’ESG.

In relazione alla “E” di Enviromental si tratterà di adottare tutta una serie di strategie ed iniziative volte a tutelare l’ambiente e il territorio sul quale si svolgono le relative attività d’impresa. Ad esempio adottando un sistema di gestione ambientale, un sistema di efficientamento energetico, la stima delle proprie emissioni secondo gli standard di riferimento, l’utilizzo controllato di risorse naturali come acqua e gas, l’utilizzo di autoveicoli o macchine da lavoro alimentate da fonti rinnovabili. 

Con riferimento alla “S” di Social occorre adottare tutte le iniziative volte a garantire diritti fondamentali quali una retribuzione adeguata, pari opportunità, tutela della diversità e promozione dell’inclusione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, libertà sindacale, lavoro minorile etc. A tal proposito, in Italia con la L. 162/2021, in materia di pari opportunità, è stato introdotto l’obbligo per le aziende pubbliche e private che occupano più di 50 dipendenti di redigere, con cadenza biennale, un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile. Ed ancora, tra le missioni PNRR vi è l’ottenimento della certificazione UNI/Pdr 125:2022 sul sistema di gestione della parità di genere.  A favore delle imprese che conseguano la certificazione UNI/Pdr 125:2022 vi sono degli incentivi quali sgravi contributivi nonché punteggi premiali per la concessione di aiuti di Stato e per la valutazione di offerte presentate nell’ambito di bandi di gara relativi a procedure per l’acquisizione di opere, servizi e forniture.

Si segnala, inoltre, la legge delega sulla disabilità volta alla promozione dei diritti e delle tutele delle persone con disabilità, altro settore in cui la garanzia dell’inclusione è fondamentale per lo sviluppo di un ambiente di lavoro sostenibile. 

La “G” di Governance riguarda il modo in cui un’azienda è amministrata e garantisce una gestione trasparente. Tra gli strumenti da mettere in campo ci sono, ad esempio, il rispetto delle quote rosa nei C.d.A. e l’adeguamento agli obblighi in materia di whistleblowing o un sistema di gestione della qualità. 

Di recente pubblicazione è la Direttiva (2022/2381) sulle quote rosa nei Consigli di Amministrazione che impone alle società quotate di grandi dimensioni di garantire che gli appartenenti al sesso sotto rappresentato occupino almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi o il 33% di tutte le posizioni di amministratore con o senza incarichi esecutivi. Inoltre, stata recepita con D.lgs. 24/2023 la Direttiva sul whistleblowing (2019/1937) che impone alle aziende con almeno 50 dipendenti l’adozione di un canale di segnalazione interna, con relativa formazione degli incaricati e informazione ai dipendenti sull’uso dei diversi canali di segnalazione.

Infine, si segnala la proposta di Direttiva del 23.02.2022 al momento in fase di prima lettura da parte del Consiglio dell’Unione Europea, volta al dovere di due diligence su tematiche ambientali e sociali e al rispetto delle normative comunitarie ed europee in materie lungo tutta la supply chain. 

In definitiva, le società sia di grandi dimensioni che di piccole dimensioni – queste ultime poiché indirettamente coinvolte – dovranno adeguare e/o integrare politiche e strategie aziendali e predisporne di nuove utili volte al soddisfacimento degli obblighi imposti dalla Direttiva nonché in funzione di un positivo rating ESG. 

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