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02 Giugno 2023

Parità di genere negli appalti pubblici: l’art. 108, comma 7 del D. Lgs. n. 36/2023 modificato dal D.L. 29.05.2023 n. 57

Parità di genere negli appalti pubblici: l’art. 108, comma 7 del D. Lgs. n. 36/2023 modificato dal D.L. 29.05.2023 n. 57

Il D.L. 29.05.2023 N. 57 recante “Misure urgenti per gli enti territoriali, nonché per garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il settore energetico” ha modificato l’art 108 comma 7. Precisamente, l’art. 2 del suindicato D.L. ha disposto la sostituzione del  quinto  e  del  sesto  periodo del comma 7, come segue: «Al fine di promuovere la parità di  genere,  le  stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli  inviti, il maggior punteggio da attribuire alle  imprese  per  l’adozione  di politiche tese al raggiungimento della parità di  genere  comprovata dal possesso della certificazione della  parità  di  genere  di  cui all’articolo 46-bis del codice delle pari  opportunità  tra  uomo  e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198».

La precedente versione della norma, invece, stabiliva:” Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”.

Occorre innanzitutto precisare che il nuovo art. 46-bis ha istituito, a partire dal 1° gennaio 2022, la “Certificazione della parità di genere”, al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dalle aziende per ridurre il divario di genere in relazione all’opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. 

In ambito di appalti pubblici, l’art. 108 ai commi 7 e 8 riprende il contenuto dell’art 67, par. 5 della direttiva 2014/24/UE. Tali commi prevedono che i documenti di gara debbano indicare i singoli criteri di valutazione e la ponderazione da applicare. Per ciascun criterio da usare, inoltre, possono essere altresì definiti sub- criteri, sub – pesi o sub – punteggi; tuttavia, nel caso in cui non sia applicabile la ponderazione, le stazioni appaltanti hanno il compito di indicare, negli atti di gara, i criteri prescelti, secondo l’ordine decrescente di importanza. E dunque, per effettuare la ponderazione o attribuire i punti agli elementi dell’offerta, le amministrazioni devono usare metodi che consentano l’individuazione univoca dell’offerta più vantaggiosa, attraverso un solo parametro numerico finale.

Tanto premesso, è lampante la volontà del legislatore di dare la massima certezza ai criteri da utilizzare nella valutazione delle offerte, prevedendo che, per quanto ci riguarda nel caso specifico, i dati relativi alla parità di genere siano all’uopo certificati e non soltanto dimostrati “anche a mezzo di autocertificazione”, come sancito nella vecchia formulazione del comma 7.

Massima attenzione, dunque, è riservata alle imprese che non soltanto adottano ma che anche certificano l’adozione degli standard atti a garantire l’uguaglianza tra uomo e donna in azienda.

In questo senso, lo spirito della riforma è quello di premiare le aziende che promuovono politiche tese allo sviluppo della parità: le stazioni appaltanti incoraggiano tale finalità, attribuendo un punteggio maggiore alle imprese che dimostrano di aver adottato le misure finalizzate ad assicurare la parità di genere.

A tal proposito, Accredia, l’ente italiano di accreditamento, che attesta la competenza, l’indipendenza e l’imparzialità degli organismi di certificazione, ispezione e verifica, e dei laboratori di prova e taratura, aveva già criticato il paragrafo, ora eliminato dal suindicato art. 2 D.L. 29.05.2023 N. 57 , relativo alla comprova del requisito, a mezzo di “autocertificazione”, affermando che “l’attendibilità̀ dell’autocertificazione dell’aggiudicataria con qualsiasi adeguato mezzo” poneva un problema per le stazioni appaltanti, specialmente quelle di dimensioni ridotte, che avrebbero potuto non possedere le competenze adeguate a verificare l’attendibilità dell’autocertificazione. Pericolosa, inoltre, appariva la discrezionalità lasciata alle amministrazioni, nella scelta di mezzi da utilizzare, a discapito del più sicuro metodo rappresentato dalle certificazioni.

E ancora, anche il D.Lgs. n.50/2016 prevedeva che le stazioni appaltanti indicassero il punteggio premiante attribuito ai possessori della certificazione della parità di genere ai sensi della UNI PdR 125:2022

Ciò detto, la nuova formulazione della norma è da abbracciare con più favore, tenuto conto delle maggiori certezze che assicura il riferimento a dati certificati piuttosto che autocertificati.

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