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25 Febbraio 2022
La valorizzazione e gestione del patrimonio culturale
Ripercorrere la nascita e la riflessione compiuta attorno ai concetti di valorizzazione e gestione dei beni culturali è un’attività utile per capire i fondamenti e le regole che attualmente disciplinano questa irrinunciabile funzione pubblica, che accresce e diffonde lo straordinario patrimonio culturale del nostro paese.
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Le origini della tutela e della valorizzazione dei beni culturali
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Il patrimonio culturale rappresenta sempre più una fondamentale risorsa sociale ed economica per lo sviluppo del paese. Questo è particolarmente vero per un paese come l’Italia, che dispone di un patrimonio culturale di inestimabile valore. Tale patrimonio non è visto più solo ed unicamente dal punto di vista delle belle arti e arti applicate, ma anche come bene ambientale, nel complesso sistemico di natura e cultura.
A comprova di questa funzione, l’art. 9 della Costituzione prevede da una parte la promozione dello sviluppo culturale, dall’altra la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico.
A partire da questa doppia direttrice, dalla metà degli anni ’60 – con l’istituzione della Commissione Franceschini, al decreto di istituzione del Ministero per i beni culturali e per l’ambiente – si iniziano e delineare le differenze tra la funzione di tutela da quella di valorizzazione (per un approfondimento cfr. M. Montella, Valore e valorizzazione del patrimonio culturale storico, Electa-Mondadori, Milano, 2009, p. 31 e ss.).
Solo con il D.Lgs. 112/1998 si sancisce una piena distinzione dal punto di vista normativo, introducendo contemporaneamente un ulteriore aspetto, la funzione di gestione. In particolare, in tale contesto, i concetti di “tutela”, “gestione” e “valorizzazione” erano descritti all’articolo 148 – alle lettere c), d) ed e) – come:
- la tutela “ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali”
- la gestione “ogni attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione”
- la valorizzazione “ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione”
La distinzione di queste nozioni è diventata rilevante a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, che nel riformulare l’articolo 117 ha inserito tra le materie di competenza esclusiva dello Stato la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” e tra le materie di legislazione concorrente quelle relative alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”.
A seguito di tale riforma infatti, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi, con la sentenza 94/2003, circa il riparto di competenze, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, afferenti alla funzione di tutela e a quella di valorizzazione, non cogliendo tuttavia l’occasione per approfondire fino in fondo le differenze intercorrenti tra la nozioni di tutela, valorizzazione e omettendo del tutto la considerazione sulla gestione.
Anche il Consiglio di Stato, in sede consultiva, in occasione del parere relativo al regolamento per la costituzione e la partecipazione a società da parte del Ministero per i beni e le attività culturali (Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, Parere interlocutorio 1° luglio 2002, n. sez. 1794/2002, sullo schema di regolamento recante disposizioni concernenti la costituzione e la partecipazione a società da parte del Ministero per i beni e le attività culturali a norma dell’articolo 10 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 e successive modificazioni), è stato chiamato a pronunciarsi in merito.
Dalle definizioni offerte dall’art.148 D.Lgs. 112/1998, la gestione assume una funzione intermedia tra la finalità di tutela e quella di valorizzazione, risultando quindi sfumata. In tale contesto il Consiglio di Stato ha cercato di collocare, quantomeno in modo prevalente, il concetto di gestione nell’ambito di uno dei due concetti di tutela e valorizzazione, al fine di individuare quale sia il riparto della competenza normativa sulla materia, ai sensi del nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione.
I giudici di Palazzo Spada, pur riconoscendo l’attività di gestione dei beni culturali quale attività strumentale, che si connota per essere in un rapporto di propedeuticità sia con la tutela che con la valorizzazione, riconduce tale nozione, nell’alveo di quest’ultima, con la conseguente ricaduta – in tema di riparto di competenze – nell’ambito del terzo comma dell’art. 117 Cost., vale a dire nella competenza concorrente.
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Il Codice dei beni culturali: le forme giuridiche di gestione
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L’attuale disciplina della valorizzazione e della gestione dei beni culturali e contenuta nel D.Lgs. 22/01/2004 n. 42, Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, all’interno del quale si osservano gli effetti delle vicende appena descritte.
La nozione di valorizzazione oggi è contenuta nell’art. 6 del Codice e consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso (…) al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale (…)”
All’interno del Capo II – principi della valorizzazione dei beni culturali – l’art. 111, rubricato “Attività di valorizzazione”, precisa che: “Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, nonché nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie e strumentali, finalizzate al miglioramento della conoscenza e delle condizioni di conservazione e di fruizione dei beni culturali”, prevedendo così la nozione di gestione.
L’art. 115 del Codice prevede, infine, le forme di gestione, che si dividono in due tipologie:
- le attività ad iniziativa pubblica dei beni culturali sono gestite ordinariamente in forma diretta, riconducibile alla c.d. gestione in economia. Tale forma di gestione è svolta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico;
- qualora invece, per assicurare un migliore livello di fruizione pubblica dei beni culturali, non sia possibile utilizzare la forma diretta, si provvede alla gestione indiretta, mediante affidamento o concessione ad altri soggetti. Questa può avvenire o tramite affidamento a persone giuridiche costituite o partecipate, in misura prevalente, dall’amministrazione pubblica cui i beni pertengono (gestione in house). Oppure tramite concessione a terzi (c.d. contracting out), scelti mediante valutazione comparativa sulla base dei progetti presentati.
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Conclusioni
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La panoramica condotta consente di evidenziare le considerazioni che il Legislatore ha compiuto per l’attuazione del dettato costituzionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Dall’esatta individuazione delle nozioni di tutela e valorizzazione e dall’aver ricondotto la gestione nell’ambito di quest’ultima, con il conseguente riparto di competenze, è possibile capire i motivi che hanno spinto il legislatore ad aprire l’attività di valorizzazione ai privati, anche e soprattutto in una logica di partenariato.
Alla luce di tali considerazioni possono essere analizzate compiutamente non solo le forme giuridiche di gestione, ma anche le regole specifiche che disciplinano tale settore, a partire dalle forme speciali di Partenariato pubblico privato fino alla disciplina dei servizi aggiuntivi.
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