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07 Giugno 2024
La Corte dei Conti dell’Unione Europea si esprime sulla concorrenza nel mondo degli appalti. Relazione Speciale 28/2023
Il nuovo Codice dei Contratti, D. Lgs. 36/2023, ha, come del resto le sue precedenti versioni, una forte matrice Europea, in quanto esito delle Direttive comunitarie (2014/23, 2014/24, 2014/25) in ambito appalti.
Il tema degli appalti pubblici è sempre stato infatti, fin dalle origini del processo di integrazione europea, oggetto di speciale attenzione, sia da parte della precedente Comunità Economica Europea e sia dall’attuale Unione Europea, per l’attuazione di un mercato comunitario.
L’aspetto principale e di particolare interesse per l’Unione risiede nella libera ed effettiva concorrenza che le procedure di gara, indette dalle Pubbliche Amministrazione europee, dovrebbero garantire. L’ obiettivo dell’Unione è sempre stato quello di incentivare il più ampio ventaglio di partecipanti per le procedure in ambito anche transfrontaliero, al fine di garantire un innalzamento della qualità e l’abbassamento dei costi dei prodotti, delle opere e dei servizi offerti.
Tali principi, oltre ad essere di indubbia rilevanza all’interno dei due trattati dell’UE (TUE e TFUE), hanno fatto da sfondo alle Direttive del 2014 (le nn. 24-25-26). L’Unione ha infatti cercato di massimizzare la concorrenza con differenti strategie, tra cui la semplificazione delle procedure, la suddivisione degli appalti in lotti, un accesso più facilitato alle micro, piccole e medie imprese, garanzie di maggiore trasparenza nella fase di assegnazione, aggiudicazioni secondo il miglior rapporto qualità prezzo e la creazione di procedure innovative, come il dialogo competitivo.
Al termine del primo decennio dall’emanazione delle Direttive, la Corte dei Conti dell’Unione Europea ha pubblicato lo scorso dicembre una propria “Relazione speciale” (28/2023), all’interno della quale sono declinati i risultati raggiunti nell’ultimo decennio a partire dal recepimento delle direttive da parte degli stati membri.
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Analizzando il quadro generale, i dati parlano di un incremento delle procedure che hanno visto la partecipazione di un solo offerente.
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Ad oggi infatti, poco più del 40% delle procedure hanno riscontrato la partecipazione di un solo operatore economico. Tale dato appare ancora più rilevante se si pensa che nell’ultima decade la percentuale è cresciuta di ben 10 punti.
L’Italia in questo scenario conserva una percentuale inferiore (34% di procedure di gara che hanno ricevuto una sola offerta) rispetto alla media Europea (40%) ma decisamente maggiore rispetto alla sua vicina Francia (27%) e alla Germania (21%). Andando poi ad analizzare le singole regioni italiane, nella categoria di cui sopra si erge il Molise, con il 42% di gare che hanno ricevuto una sola offerta, mentre la regione più virtuosa è il Piemonte con il 24,8%.
Tale tendenza emerge anche nell’aumento del numero di procedure assegnate tramite affidamento diretto nell’ultimo decennio.
Sono pochissimi gli Stati membri che si sono mantenuti al di sotto di quella che la Corte dei Conti europea definisce “soglia di allarme” del 10%. L’Italia si posiziona in mezzo a tale classifica con il 12% (poco sotto la media UE del 16%) ma facendo riscontrare allo stesso tempo una decrescita nell’utilizzo di tale procedura (10 anni fa la percentuale arrivava al 17%).
Dalla relazione della Corte è possibile inoltre conoscere la media del tempo (in ordine di giorni) che in ogni Stato le Stazioni Appaltanti impiegano per assegnare le procedure.
Il Paese che impiega il maggior tempo per valutare ed assegnare una gara è l’Olanda (in media 48 giorni) mentre all’ultimo posto, e quindi a pieno titolo il paese più rapido nelle assegnazioni, troviamo il Portogallo (con 29 giorni). L’Italia impiega in media 35 giorni per assegnare le proprie gare, tempo leggermente inferiore rispetto alla media europea di 36 giorni.
Altro dato interessante è quello dell’utilizzo dell’affidamento tramite offerta economicamente più vantaggiosa.
In Europa tale assegnazione è utilizzata in oltre il 55% delle procedure. L’Italia si posiziona nella parte bassa della classifica con una percentuale inferiore alla media europea (39,5%). In testa alla classifica risulta invece la Slovacchia, stato in cui l’affidamento delle procedure tramite il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è utilizzato nel 95% dei casi. La Croazia invece registra un valore dell’utilizzo del criterio dell’OEPV solo nel 3% dei casi.
La Corte conclude la propria relazione illustrando le previsioni future.
Dai dati raccolti emerge come l’utilizzo delle procedure aperte (più care alla normativa Europea in quanto promotrici di una maggiore concorrenza) siano destinate a crescere lievemente nel prossimo anno (di circa un punto percentuale rispetto all’attuale 33%).
Contestualmente la relazione prevede un aumento delle procedure ad affidamento diretto, con un’incidenza decisamente maggiore rispetto a quelle aperte. Tali procedure infatti sono destinate a crescere nel prossimo anno di circa tre punti percentuali rispetto al 14%.
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