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23 Settembre 2022

Istituti Tecnici e Professionali: al via la Riforma PNRR per il loro rilancio

Istituti Tecnici e Professionali: al via la Riforma PNRR per il loro rilancio

Una riforma che guarda al modello tedesco per dare nuovo slancio agli istituti tecnici e professionali del nostro paese, leva fondamentale per fronteggiare il dilagante disallineamento tra domanda e offerta lavorativa.

Il 16 settembre scorso il Consiglio dei Ministri ha dato ufficialmente il via alla Riforma degli Istituti Tecnici e Professionali (PNRR, Missione 4, Componente 1, Riforma 1.1), il cui obiettivo – secondo le parole del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi – è qualificare sempre più il nostro sistema educativo, offrendo maggiori e migliori opportunità formative ai ragazzi con la creazione di vere e proprie “filiere verticali” capaci di coinvolgere e mettere in rete laboratori, imprese, università e territori con gli Istituti locali.

Questa Riforma è particolarmente importante alla luce del fatto che sembra sempre più difficile cercare di allineare i curricula degli studenti rispetto alla domanda di competenze chieste dal tessuto produttivo del Paese.

Questo accade perché, a fronte di un mercato del lavoro in continuo cambiamento, l’Italia si trova ad affrontare un paradosso: da un lato la c.d. “talent scarcity”, la difficoltà delle imprese nel trovare e, conseguentemente, assumere lavoratori con le giuste competenze; dall’altro l’elevata disoccupazione, soprattutto tra i giovani che faticano a trovare un’occupazione in linea con quanto studiato. È il problema del mismatch lavorativo, il disallineamento tra domanda e offerta del mercato del lavoro.

Sicuramente impatta il fatto che la scuola fatica a dialogare con il mondo del lavoro e dell’impresa. A riprova di ciò, circa 2,1 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non lavorano e non sono impegnati in percorsi formativi (i c.d. “NEET”).

Quello che è paradossale è il fatto che contemporaneamente le posizioni vacanti sono pari all’1,4% nell’industria e all’1,9% nel terziario, per un totale di circa 300.000 posti di lavoro scoperti (Confindustria).

Un altro problema è rappresentato dalla mancanza e inadeguatezza delle competenze tecnico-scientifiche, fondamentali in un mondo che richiede padronanza dell’utilizzo di nuove tecnologie e strumenti che – al di fuori dei canali tradizionali – permettano ai giovani di cogliere le opportunità della quarta rivoluzione industriale. Nonostante questa radicata consapevolezza, secondo Unioncamere, un giovane su tre nel nostro Paese ha oggi soltanto competenze di base in materia digitale.

È in virtù di questo contesto e di queste problematiche che si può comprendere appieno l’importanza della Riforma degli Istituti Tecnici e Professionali, inserita nel PNRR, chiave di volta per formare e preparare adeguatamente i giovani alle esigenze del territorio. Il nostro Paese ha, in generale, un forte bisogno di rilanciare l’istruzione tecnica, che sta vivendo negli ultimi anni una grande crisi tant’è che il numero di diplomati in questi istituti sono passati dagli anni ’90 ad oggi dal 44% al 35% del totale.

Quali sono dunque le attività previste nell’ambito della Riforma, pensate per dare nuovo slancio agli Istituti Tecnici e Professionali italiani?

  • Ridefinire e aggiornare gli indirizzi scolastici, per rafforzare le competenze linguistiche e STEM e orientare gli studenti nello studio delle discipline inerenti all’Industria 4.0 con un occhio di riguardo al contesto socio-economico in cui si trovano;
  • Prevedere meccanismi che diano continuità tra l’istruzione secondaria e terziaria, riconoscendo crediti formativi universitari ai tirocini svolti dagli studenti durante il quinto anno di studi superiori;
  • Realizzazione di “Patti Educativi 4.0” per far si che Istituti Tecnici e Professionali, imprese, enti di formazione accreditati alle Regioni, università e centri di ricerca possano condividere risorse professionali, logistiche e strumentali;
  • Creazione di un piano formativo per docenti degli Istituti Tecnici, coerenti con le specificità dei territori;
  • Riconoscere certificazioni che attestino le competenze degli studenti dopo il primo biennio e dopo il secondo biennio, in corrispondenza con il secondo e il terzo livello del Quadro Europeo delle qualifiche;
  • Definire misure di supporto ai processi di internazionalizzazione degli istituti per realizzare il c.d. “Spazio Europeo dell’Istruzione”.

Quello che si cerca di raggiungere è in sostanza un modello simile a quello delle Realschule in Germania, il risultato di una serie di riforme con il fine ultimo di “innalzare il livello” degli Istituti Tecnici in un percorso lungo circa mezzo secolo. Ad oggi questi Istituti contano circa 900.000 studenti (di contro agli Istituti italiani, che contano poco meno di 20.000 iscritti).

La peculiarità del sistema tedesco rispetto a quello italiano risiede soprattutto nel modo stesso in cui è concepito lo studio: in Germania, infatti, non esiste l’idea dello studio fine a sé stesso, tanto che diventa quasi impossibile distinguerlo dalla pratica professionale. Questo implica l’esistenza di percorsi predefiniti che guidano gli studenti dalla scuola al lavoro, ad esempio integrando l’esperienza pratica lavorativa con lezioni in classe uno o due giorni la settimana (si parla pertanto di “sistema duale”).

Questo sistema, ripreso dall’ultima Riforma PNRR del Ministero dell’Istruzione e lodato dalle organizzazioni internazionali, è promosso come soluzione per indirizzare i giovani che non vogliono intraprendere carriere universitarie e, in questo modo, prevenire la disoccupazione giovanile allineando i bisogni delle imprese con la formazione ed evitando così il mismatch lavorativo.

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