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24 Novembre 2023

Il quadro normativo del conflitto di interessi

Il quadro normativo del conflitto di interessi

Il Consiglio di Stato, con Sentenza n.9850 del 16.11.2023, ha analizzato il fenomeno del conflitto di interessi.

Innanzitutto, occorre precisare che la Legge n. 190 del 2012 prevede un sistema di tutela anticipata, che affianca il classico modello sanzionatorio imperniato su forme di tutela repressiva. Difatti, in alternativa alle forme di tutela repressiva, la normativa anticorruzione è imperniata sul principio di prevenzione dei fenomeni di corruzione all’interno delle amministrazioni pubbliche.

A tal proposito, l’art. 6-bis della Legge n. 241/1990 stabilisce che il RUP e i titolari degli uffici competenti nell’ adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi, in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, seppur potenziale.

È opportuno tuttavia evidenziare che i giudici di palazzo Spada abbiano sempre sottolineato, in più occasioni, la mancata coincidenza tra conflitto di interessi e corruzione, atteso che “Quanto all’interesse rilevante per l’insorgenza del conflitto, la norma […] va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio”. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415; Cons. Stato, Sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853; Sez. III, 2 aprile 2014, n. 1577.).

Conseguentemente, il conflitto di interessi esiste a prescindere dal fatto che a esso segua o meno una condotta impropria e corruttiva. La “Guida pratica OLAF” elaborata dall’OCSE prevede che: “Un conflitto di interessi implica un conflitto tra la missione pubblica e gli interessi privati di un funzionario pubblico, in cui quest’ultimo possiede a titolo privato interessi che potrebbero influire indebitamente sull’assolvimento dei suoi obblighi e delle sue responsabilità pubblici”. 

L’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale dell’Unione Europea (Regolamento n. 966/2012) stabilisce che: “esiste un conflitto d’interessi quando l’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni di un agente finanziario o di un’altra persona di cui al paragrafo 1, è compromesso da motivi familiari, affettivi, da affinità politica o nazionale, da interesse economico o da qualsiasi altra comunanza d’interessi con il destinatario”.

La Costituzione italiana, all’art. 97 Cost., sancisce che la Pubblica Amministrazione agisca nel rispetto della regola dell’equidistanza nei confronti dei destinatari dell’azione amministrativa.

L’art. 53, D. Lgs. n. 165 del 2001, nel testo modificato dalla legge n. 190 del 2012, a sua volta ribadisce la necessità di verificare o dichiarare situazioni di conflitto di interesse anche potenziale.

Ed ancora, l’art. 7 del D.P.R. n. 62 del 16 aprile 2013 prevede l’obbligo di astensione anche nel caso in cui sussistano “gravi ragioni di convenienza”. 

Infine, anche l’art. 51 c.p.c. fa rifermento alle “gravi ragioni di convenienza”, legate al fenomeno di conflitto, di cui al suindicato art. 7.

Dall’analisi di tutte le norme indicate, emerge con evidenza la mancanza di un concetto unitario per individuare la medesima situazione, tenuto conto altresì dei variegati e complessi casi in cui può esplicarsi il conflitto di interessi. 

Nel caso analizzato da Consiglio di Stato, è posta attenzione sull’applicazione dell’art. 42 del D. Lgs. n. 50/2016.

In questo articolo si precisa che le Stazioni Appaltanti devono prevedere misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici (art. 42, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016).

Da tale disposizione si ricava, anzitutto, che – a differenza della disciplina generale contenuta nella Legge n. 190/2012 – il Codice dei contratti pubblici tipizza la fattispecie del conflitto di interessi.

A sua volta, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che  l’art. 42, comma 2, del D. Lgs. n. 50/2016, sul versante soggettivo, va interpretato in senso ampio. Più precisamente, il riferimento alla nozione di “personale della Stazione Appaltante” non deve essere limitato ai soli soggetti che intrattengono con l’Amministrazione rapporti di lavoro dipendente; ma, piuttosto, a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di impegnare, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne influenzare l’attività esterna.

Questo orientamento giurisprudenziale oggi trova codificazione nell’art 16 del D. Lgs 36/2023.

Difatti, l’art. 16 del nuovo Codice riprende ma semplifica la nozione euro-unitaria del conflitto di interessi.

Coerentemente con il principio della fiducia e al fine di preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la norma precisa che la minaccia all’imparzialità e all’indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi ad interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro. 

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