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13 Ottobre 2023
Il “cumulo alla rinfusa” nel nuovo Codice Appalti
Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 8592 del 29 settembre 2023 ha chiarito l’ambito di applicazione del c.d. “cumulo alla rinfusa”, tenuto conto delle novità introdotte dal nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 36/2023).
La vicenda in esame ha origine da una procedura aperta telematica, suddivisa in tre lotti, per l’affidamento del servizio di facility management per stabili, stazioni, parcheggi e rotabili. Il RTI secondo in graduatoria nel Lotto 3 proponeva ricorso in primo grado avverso l’aggiudicazione disposta in favore del consorzio stabile, da un lato, per difetto dei requisiti di partecipazione dello stesso e, dall’altro, per anomalia dell’offerta.
In particolare, il RTI ricorrente lamentava la violazione dell’art. 47 comma 1 del D.Lgs. n. 50 del 2016, in quanto l’aggiudicatario, per soddisfare i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal Disciplinare di gara, aveva dichiarato di avvalersi dei requisiti delle consorziate non designate, utilizzando così il c.d. “cumulo alla rinfusa” al di fuori delle ipotesi consentite dalla norma citata.
Il T.A.R. per la Lombardia, Sez. I, con sentenza n. 397/2023 accoglieva il ricorso del RTI e annullava il provvedimento di aggiudicazione, argomentando che, in relazione a servizi e forniture, il “cumulo alla rinfusa” è limitato ai soli requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.
Il consorzio soccombente in primo grado propone appello dinnanzi al Consiglio di Stato che accoglie le pretese dello stesso per le ragioni di seguito esposte.
Occorre in primo luogo considerare che i consorzi stabili sono costituiti da almeno tre imprese che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa senza che sia ravvisabile un rapporto di “mandato” tra il consorzio stabile e le imprese consorziate.
Dalla natura del rapporto tra consorzio stabile e singole consorziate, nonché dalla peculiare struttura dell’istituto, consegue che l’utilizzo dei requisiti di partecipazione delle singole imprese consorziate non pregiudica la struttura originaria del consorzio che ha partecipato alla gara, in quanto autonomo soggetto di diritto dotato di distinta qualificazione.
Secondo quanto definito dalla consolidata giurisprudenza, l’istituto del “cumulo alla rinfusa” consiste nella possibilità per i consorzi stabili di qualificarsi nelle gare di affidamento di appalti pubblici utilizzando i requisiti delle proprie consorziate.
Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame pone l’attenzione sul chiaro tenore letterale dell’art. 225 comma 13 del nuovo codice dei contratti pubblici, il quale, mediante un intervento di interpretazione autentica, ha chiarito in modo inequivocabile il criterio applicativo degli artt. 47 comma 1, 83 comma 2 e 216 comma 14 del D. Lgs. n. 50 del 2016, consentendo ai consorzi stabili di fare ricorso, in modo generalizzato, al c.d. “cumulo alla rinfusa” ai fini dell’affidamento di servizi e forniture, e dunque di poter soddisfare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici.
Alla luce dell’intervento interpretativo di cui sopra è possibile concludere che, per la partecipazione alle procedure di gara, il consorzio stabile può dimostrare il possesso dei requisiti richiesti anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto.
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