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30 Maggio 2025
Errore materiale in offerta economica: il Consiglio di Stato torna a fare chiarezza
Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 4407 del 22.05.2025, si sofferma sulla corretta qualificazione di “errore materiale” in offerta economica.
Nell’ambito di una procedura aperta ai sensi dell’articolo 71 del D.lgs. n. 36/2023, per l’affidamento in concessione del servizio di gestione dell’impianto sportivo comunale, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la seconda classificata in graduatoria impugnava il provvedimento di aggiudicazione, affermando l’incongruità dell’offerta economica dell’aggiudicataria, anche alla luce dell’indicazione del costo della manodopera nella misura di 1 euro.
Il ricorso veniva rigettato dal TAR per la Campania con sentenza n. 5985/2024. La soccombente in primo grado impugna quindi la sentenza citata dinnanzi al Consiglio di Stato.
L’appello è fondato per le ragioni che seguono.
Secondo quanto previsto nel Disciplinare di gara, l’offerta economica doveva riportare i seguenti elementi:
- rialzo sul canone di concessione annuo al netto dell’IVA;
- stima dei costi aziendali relativi alla salute ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro;
- stima dei costi della manodopera.
L’aggiudicataria nella propria offerta economica ha previsto un valore della manodopera pari a 1 euro. A seguito di richiesta di chiarimenti da parte dell’Ente concedente, la prima in graduatoria ha dichiarato che “l’importo esposto (…) è frutto di un mero difetto di trascrizione dovuto all’erronea digitazione delle cifre, intendendosi l’importo di € 10.000,00 in luogo di quanto riportato ossia € 1,000”.
Tale dichiarazione è stata considerata satisfattoria dall’Ente concedente, e poi dal TAR, ritenendo che quello commesso dall’aggiudicataria in punto di indicazione dei costi della manodopera fosse equiparabile a un mero “errore materiale”.
Secondo la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato “L’errore nella formulazione dell’offerta economica è “materiale” se sussistono elementi univoci per ricondurlo ad un vizio di trascrizione o di compilazione inequivocabilmente e immediatamente rilevabile come tale, attraverso un’analisi che deve concernere il solo documento recante l’errore e non anche elementi ad esso esterni o collaterali; se, viceversa, l’esegesi ricostruttiva della volontà negoziale si estende ad una considerazione sistematica degli elementi contenutistici dei diversi atti di gara, essa trascende in una ricostruzione di tipo logico-deduttivo che non pare più coerente con i canoni della “immediata evidenza” e della “pura materialità” dell’errore emendabile” (cfr da ultimo: Consiglio di Stato, III, 16.4.2024, n. 3464).
Nella fattispecie in esame, l’asserito “errore materiale” non è in alcun modo rilevabile come tale, non essendovi alcun elemento da cui desumersi che l’aggiudicataria abbia voluto indicare un costo della manodopera pari a 10.000 euro.
Inoltre, secondo quanto previsto da Disciplinare di gara, le offerenti avrebbero dovuto riempire digitalmente tutte le celle relative al costo della manodopera, non essendo possibile “lasciare vuote le celle”. Pertanto, l’aggiudicataria avrebbe commesso non uno, ma ben quattro pretesi errori materiali, tanti quanti ne occorrono per trasformare la cifra di 1 euro in 10.000 euro.
Ciò è ulteriormente confermato dal fatto che, in sede di anomalia, i documenti giustificativi presentano costi della manodopera pari a circa 8.000 euro, cifra lontana dagli asseriti 10.000 euro.
Alla luce delle considerazioni esposte, l’Ente concedente avrebbe dovuto escludere l’aggiudicataria, a fronte di un’indicazione dei costi della manodopera del tutto evanescente, indeterminata e/o indeterminabile (in quanto frutto di plurimi “aggiustamenti”), e comunque in alcun modo proporzionata agli oneri conseguenti all’affidamento in concessione dell’impianto.
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