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24 Giugno 2022

Concessione di servizi: il rischio operativo come elemento distintivo

Concessione di servizi: il rischio operativo come elemento distintivo

Sono state pubblicate recentemente due pronunce – da parte del TAR Campania e del Consiglio di Stato – aventi ad oggetto la fattispecie della concessione di servizi e in modo particolare l’elemento costitutivo del rischio operativo.

L’osservazione congiunta di tali sentenze è interessante non solo per osservare le differenze della concessione di servizi con figure affini – quali la concessione di beni e l’appalto di servizi – ma anche per osservare come l’elemento del rischio operativo abbia importanti effetti sull’iter contrattuale, dalla fase di aggiudicazione a quella esecutiva.

Recentemente sono state pubblicate due sentenze, da parte del TAR Campania e dal Consiglio di Stato, nelle quali l’elemento centrale per la definizione della controversia è il corretto inquadramento della concessione di servizi. La ricognizione è avvenuta, da una parte in merito alla differenza che intercorre tra concessione di servizi e concessione di un bene pubblico (Consiglio di Stato, sez. V, 16.06.2022 n. 4949), ed è relativa alla fase di aggiudicazione del contratto.

Dall’altra tra concessione di servizi e appalto di servizi (TAR Napoli, 15.06.2022 n. 4059), riguardando invece la fase esecutiva, in modo particolare la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

Concessione di servizi vs concessione di un bene pubblico

L’Ente Parco Nazionale dell’Asinara Area Marina Protetta “Isola dell’Asinara” bandiva una procedura aperta per la concessione dei locali bar – ristorante di Cala Reale sull’Isola dell’Asinara.

A seguito dell’aggiudicazione, il secondo classificato contestava l’aggiudicazione e, respinta da parte del giudice di primo grado, proponeva ricorso presso il Consiglio di Stato, impugnando la sentenza di primo grado nella parte in cui – tra gli altri motivi di ricorso – ha affermato che la procedura posta in essere dalla stazione appaltante integrerebbe una concessione di bene e non una concessione di servizi. Il ricorrente, infatti, affermava che la fattispecie oggetto di contesa dovesse rientrare nella previsione di cui all’art. 3, comma 1, lett. vv), del D.Lgs. n. 50/2016, ossia come concessione di servizi.

La questione viene risolta dal Consiglio di Stato analizzando l’inquadramento giuridico della concessione di servizi.

L’art. 3, comma 1, lettera vv) D.Lgs. n. 50 del 2016 definisce la concessione di servizi come:“ un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera II) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”.

 

Secondo il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, l’elemento qualificante della concessione di servizi è costituito dal trasferimento del rischio economico/operativo a carico dell’affidatario. In presenza di una concessione di servizi, infatti, le modalità di remunerazioni pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione. In particolare, una concessione di servizi richiede che l’amministrazione concedente/aggiudicatrice abbia trasferito integralmente o in misura significativa all’operatore privato il rischio di gestione economica connesso all’esecuzione del servizio.

Identificato l’elemento caratteristico della concessione di servizi, deve essere poi osservata la distinzione tra componente bene e componente servizi. La giurisprudenza prevalente individua il criterio discriminante tra “componente beni” e “componente servizi” negli obiettivi di fondo perseguiti dall’Amministrazione concedente, i quali, se travalicano il mero utilizzo ordinario del bene (secondo la sua destinazione dichiarata negli atti di gara), collocandosi in una prospettiva più ampia, qualificano necessariamente il rapporto in termine di servizi.

Nel caso di specie, la stazione appaltante aveva previsto la concessione dei locali del bar-ristorante, per il canone mensile di euro 2.083,34, secondo le prescrizioni del bando e delle proposte operative migliorative dichiarate in fase di gara. Non assume rilevanza la precisazione dell’art. 1 del Capitolato speciale, per il quale “il gestore dovrà assicurare le attività di ristoro in linea con i principi e le finalità istitutive del Parco e dovrà contribuire attraverso la futura gestione al miglioramento dell’esperienza complessiva dei visitatori del Parco, in particolare per ciò che riguarda il profilo enogastronomico.”

Tale precisazione, infatti, non aggiunge nulla rispetto alle modalità di espletamento dell’attività di ristoro, se non che “a tal fine è auspicabile che i candidati alla gestione soddisfano i principi di base e di miglioramento della carta Qualità di Servizi turistici della Rete dei Parchi e delle Aree Protette”.

Da queste considerazioni discende che l’obiettivo di fondo perseguito dall’Amministrazione concedente, non travalica il fine di concedere al privato l’utilizzo di un bene previo pagamento di corrispettivo. Il Consiglio Stesso rileva infatti che “si tratta di uno schema “modale” di concessione del bene che ricalca il negozio della locazione, laddove, la natura pubblica della proprietà del bene, rende rilevanti le connotazioni qualitative dell’attività da svolgere nei locali, corrispondente alla, naturalmente vincolante, destinazione d’uso del bene oggetto della concessione, espressa, come si vedrà, nella legge di gara”.

Pertanto, non essendo previsto quale elemento del rischio operativo a carico del concessionario, né tantomeno gli obiettivi di fondo dell’Amministrazione concedente travalicano il mero utilizzo ordinario del bene, la fattispecie considerata deve essere qualificata come concessione di bene, e non concessione di servizi.

Concessione di servizi vs appalto di servizi

La vicenda scrutinata dal TAR Campania sorge a seguito di ricorso da parte del Concessionario del servizio di archiviazione e custodia delle cartelle cliniche di ricovero in regime ordinario e diurno, per la durata di 10 anni, il cui relativo contratto è stato stipulato con un’Azienda Sanitaria a seguito di procedura ristretta.

 

Nel caso in esame, il servizio affidato al Concessionario consisteva nell’archiviazione e custodia delle cartelle cliniche ospedaliere e dei referti di Pronto Soccorso, nonché nella consegna di copia di tale documentazione all’utenza. Ai sensi dell’art. 2 del capitolato speciale di appalto, il servizio era svolto in locali messi a disposizione dall’azienda, senza previsione di alcun canone e senza alcun corrispettivo prefissato per il concessionario; detto servizio era remunerato con il pagamento – direttamente effettuato da parte della utenza – del costo della copia delle cartelle cliniche rilasciate

 

Il Concessionario ricorrente, previo accertamento della risoluzione di diritto per inadempimento conseguente alla diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., chiedeva la condanna dell’Azienda Ospedaliera convenuta al risarcimento dei danni subiti nel corso della esecuzione del rapporto contrattuale, per essere stata costretta ad erogare le prestazioni richieste in misura inferiore rispetto alle previsioni della lex specialis di gara, con conseguenti e non preventivabili diseconomie.

Nello specifico, considerando i ricavi attesi e calcolati sulla base delle informazioni orientative fornite dalla stazione appaltante – produzione di 35.000 cartelle cliniche annue cui corrisponderebbe un fatturato di circa € 262.500 annui – il Concessionario ricorrente lamentava un danno complessivo di € 1.473.509, quantificabile sulla base dello scostamento tra i ricavi attesi e quelli effettivamente conseguiti per tutta la durata dell’appalto.

Anche in questa circostanza, la risoluzione della controversia discende dall’inquadramento giuridico del rapporto in contestazione.

Come si è già osservato, per giurisprudenza interna e comunitaria costante, il rapporto di concessione di pubblico servizio si caratterizza per la presenza dell’elemento del “rischio operativo”, ed è proprio tale elemento che segna il discrimine tra appalto e concessione di servizi (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2426/2021). Infatti, mentre l’appalto ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sul primo, nella concessione, connotata da una dimensione “triadica”, il concessionario ha sia un rapporto contrattuale instaurato con la stazione appaltante, sia rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione. In altri termini, l’appalto di servizi comporta un corrispettivo che, senza essere l’unico, è versato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre nella concessione di servizi il corrispettivo della prestazione consiste nel diritto di gestire il servizio, o da solo o accompagnato da un prezzo, e la concessionaria non è direttamente retribuita dalla amministrazione aggiudicatrice ma ha il diritto di riscuotere la remunerazione presso terzi.

Tale inquadramento discende dalla nozione di rischio operativo, che si rinviene nella definizione di concessione fornita dall’art. 5 della direttiva n. 2014/23/UE, che  prevede il rischio “legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o entrambi“, configurabile allorché, “in condizioni normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione“.

Analoga definizione è contenuta nell’art. 3, lett. zz) del D.Lgs. n. 50/2016, laddove per rischio operativo si intende: “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico. Si considera che l’operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall’operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile”.

Dal predetto inquadramento del rapporto come concessione di servizi discende la conseguente operatività della regola di cui all’art. 165 del D.Lgs. n. 50/2016, secondo cui nei contratti di concessione opera il trasferimento al concessionario del rischio operativo definito dall’articolo 3, comma 1, lettera zz).

Va in ogni caso chiarito che – fermo restando che detto rischio non può subire artificiose modifiche ad opera della stazione appaltante, dovendosi considerare solo il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico – la previa stima approssimativa del fatturato compiuta dalla stazione appaltante non può ritenersi idonea a neutralizzare l’alea imprenditoriale (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2926/2017) e a trasferire il rischio di impresa dal concessionario all’amministrazione appaltante, stravolgendo l’oggetto specifico della concessione di servizi, contraddistinto, come visto, dall’assunzione di un rischio operativo da parte del concessionario.

Conclusioni

Dalle pronunce sopra esposte, è possibile osservare come elemento caratteristico e costitutivo della concessione di servizi è il rischio operativo. Tale elemento è idoneo a identificare e circoscrivere tale fattispecie con figure contrattuali ad esso affini, quali la concessione di beni e l’appalto di servizi. Non solo, il corretto inquadramento della fattispecie ha ricadute immediate anche sull’iter di aggiudicazione ed esecuzione del contratto. Come si è visto infatti, inquadrare il contratto come concessione di servizi o di beni risulta rilevante per qualificare correttamente le esperienze pregresse prodotte dai partecipanti alla gara, in fase di ammissione alla procedura. Non solo, il corretto inquadramento della fattispecie, fondato sulla nozione di rischio operativo, ha anche riflessi importanti sul versante esecutivo, escludendo la responsabilità della stazione appaltante in caso di minor remunerazione del concessionario rispetto le stime fornite negli atti di gara.

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