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05 Settembre 2025

Certificazioni di sostenibilità: da moda a leva strategica per imprese e stakeholder

Certificazioni di sostenibilità: da moda a leva strategica per imprese e stakeholder

Negli ultimi anni, parlare di sostenibilità è diventato quasi inevitabile. La pressione da parte delle istituzioni, l’attenzione crescente dei consumatori e la sensibilità degli investitori hanno trasformato quello che un tempo era un tema marginale in una condizione necessaria per restare competitivi. In questo scenario, le certificazioni di sostenibilità stanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante.

Non si tratta semplicemente di un bollino da apporre in calce ai bilanci aziendali o di una formula di marketing da inserire nelle campagne pubblicitarie: per imprenditori e stakeholder rappresentano un asset strategico, un investimento destinato a incidere sulla reputazione, sull’accesso al capitale, sulle relazioni di filiera e sulla capacità di resistere in mercati sempre più selettivi.

La forza delle certificazioni ESG – ambientali, sociali e di governance – risiede proprio nella loro funzione di tradurre in criteri oggettivi e verificabili impegni che spesso rischiano di restare dichiarazioni generiche. La narrazione della sostenibilità, infatti, ha prodotto negli anni una sovrabbondanza di messaggi autoreferenziali. Senza un sistema di garanzie indipendenti, diventa difficile distinguere chi effettivamente intraprende percorsi concreti da chi invece preferisce limitarsi a evocare responsabilità e valori etici.

Un mercato in rapida crescita

Se guardiamo ai dati, il quadro è inequivocabile. Secondo analisi recenti, il mercato globale delle certificazioni di sostenibilità ha registrato tra il 2021 e il 2024 un tasso medio di crescita del 13,3%. Oggi vale quasi sette miliardi di dollari e, entro il 2031, potrebbe superare i ventuno miliardi. Numeri che mostrano come la domanda di sistemi certificativi sia ormai esplosa, toccando tanto i settori industriali e manifatturieri quanto i servizi, l’agroalimentare, il tessile e la finanza.

Dietro questi dati c’è un movimento profondo: da un lato le istituzioni europee e internazionali che spingono verso standard più stringenti, dall’altro i consumatori che premiano aziende trasparenti, e ancora gli investitori che richiedono metriche affidabili per valutare i rischi e le opportunità legati alle performance ESG.

Il cerchio si chiude con le catene di fornitura: sempre più spesso i grandi player chiedono ai propri fornitori certificazioni che attestino impegni ambientali o sociali, generando un effetto domino che coinvolge anche le piccole e medie imprese.

Perché certificarsi conviene

Per l’imprenditore, la certificazione non deve essere vista solo come un costo o un vincolo burocratico. Certificarsi significa prima di tutto posizionarsi in un ecosistema competitivo in cui il valore della reputazione incide in modo diretto sulla capacità di attrarre clienti, talenti e capitali.

Dal punto di vista finanziario, avere standard riconosciuti a livello internazionale consente di accedere più facilmente a linee di credito o strumenti di investimento dedicati. Il mondo bancario e assicurativo, sempre più sensibile alle performance ESG, tende a premiare chi è in grado di dimostrare un percorso concreto e documentato.

Anche nei mercati internazionali, una certificazione accreditata rappresenta spesso il lasciapassare indispensabile per entrare in gara, evitando esclusioni che non dipendono dal prezzo o dalla qualità del prodotto, ma dalla mancanza di credenziali adeguate.

Dal lato delle risorse umane, la certificazione può trasformarsi in un segnale potente. Le nuove generazioni scelgono sempre più spesso di lavorare per aziende impegnate sul fronte della responsabilità sociale e ambientale.

Avere un riconoscimento indipendente significa dimostrare che l’impegno non è una mera dichiarazione, ma parte di un sistema strutturato che riguarda parità di genere, benessere dei dipendenti, governance trasparente.

I rischi del greenwashing

Se la certificazione ha assunto un ruolo così rilevante, è anche perché il fenomeno del greenwashing ha minato la credibilità di molte comunicazioni aziendali. Dichiarazioni generiche, campagne pubblicitarie suggestive ma prive di fondamento, dati comunicati senza possibilità di verifica: tutti elementi che hanno alimentato diffidenza e richieste di maggiore rigore.

Gli stakeholder, oggi, non si accontentano di slogan. Vogliono numeri, prove, verifiche indipendenti. In questo senso, le certificazioni accreditate hanno il compito di garantire terzietà e trasparenza. Norme come ISO/IEC 17029 o ISO/TS 17033 sono nate proprio per offrire schemi di validazione in grado di contrastare il rischio di affermazioni fuorvianti.

A questo si aggiunge l’impatto della Direttiva europea CSRD, che obbligherà molte aziende a rendicontare con precisione dati ESG, ponendoli sullo stesso piano delle informazioni finanziarie.

Per l’imprenditore, la lezione è chiara: senza strumenti di verifica credibili, la narrazione della sostenibilità rischia di ritorcersi contro l’azienda stessa. Il danno reputazionale, in caso di accuse di greenwashing, può superare di gran lunga i costi sostenuti per una certificazione affidabile.

Piccole e medie imprese: tra ostacoli e opportunità

Se per le grandi imprese i percorsi di certificazione sono ormai consolidati, per le PMI la sfida è più complessa. I costi di audit e consulenza, la difficoltà a reperire valutatori locali e la mancanza di personale interno dedicato possono trasformarsi in barriere significative. Nonostante ciò, le PMI non possono più permettersi di ignorare questo passaggio.

Sempre più spesso, i grandi committenti inseriscono criteri ESG nei propri capitolati di fornitura. Non avere le certificazioni richieste significa, in pratica, essere tagliati fuori da intere filiere.

È quindi fondamentale che gli imprenditori vedano la certificazione come un investimento e non come una tassa occulta. Molti schemi, tra cui alcuni di nuova generazione, sono pensati proprio per rendere accessibile il percorso anche a realtà di dimensioni ridotte.

Un esempio significativo è rappresentato da schemi integrati, che consentono valutazioni modulabili e scalabili, in grado di accompagnare le PMI verso un miglioramento graduale.

Allo stesso tempo, modelli come la certificazione B Corp o le valutazioni EcoVadis stanno diventando benchmark globali, sempre più riconosciuti anche al di fuori dei confini nazionali.

Un ulteriore approfondimento circa le incertezze normative in merito, le principali certificazioni di sostenibilità presenti nel panorama aziendale, e dei ruoli principali degli stakeholders, sarà pubblicato prossimamente.

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