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23 Giugno 2023

Certificato parità di genere – nuovo dietro front con l’art. 2, del D.L. 29 maggio 2023, n. 57

Certificato parità di genere – nuovo dietro front con l’art. 2, del D.L. 29 maggio 2023, n. 57

Sulla scorta dell’esperienza dei c.d. appalti verdi, l’Unione Europea – come sottolineato nel documento della Commissione Europea “Acquisti sociali, una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici (seconda edizione)” (2021/C 237/01) – suggerisce oggi una disciplina di procurement finalizzata a favorire il perseguimento di obiettivi sociali ed ambientali. 

A tal proposito, in Italia sono state introdotte importanti misure nella disciplina degli appalti pubblici, avente carattere ambientale e sociale. 

Tra queste misure: interventi diretti a promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, l’integrazione dei giovani under 36 nel mercato del lavoro nonché le finalità relative alle pari opportunità, generazionali e di genere, come previsti dall’art. 47 del decreto “PNRR-Semplificazioni” (D.L. 31 maggio 2021, n. 77, conv. con mod. dalla l. 29 luglio 2021, n. 108). 

Tra i requisiti necessari per la partecipazione alle gare, la normativa prevede, ad esempio, l’obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti di trasmettere, al momento della presentazione dell’offerta una copia dell’ultimo rapporto sulla situazione del personale nonché l’adozione di misure di promozione della parità di genere, come l’ottenimento della certificazione UNI/PdR 125:2022. 

In Italia tale certificazione è stata rilasciata ed approvata come una specifica prassi di riferimento pubblicata il 16 marzo 2022 – quale intervento del PNRR nazionale – che fornisce linee guida comprensive di specifici indicatori chiave di prestazione (KPI) utilizzati per il monitoraggio degli obiettivi stabiliti dalle politiche di parità di genere delle organizzazioni e dai relativi piani strategici, al fine di colmare i gap attualmente esistenti e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo. 

In tale contesto, vi è da dire che nel Codice appalti D.Lgs. 50/2016 era previsto che le stazioni appaltanti prevedessero ed indicassero un punteggio premiante attribuito ai titolari della certificazione della parità di genere ai sensi della UNI PdR 125:2022. 

Mentre con il nuovo codice appalti, il D. Lgs. 36/2023, all’art. 108, comma 7 era stato inizialmente  stabilito che le stazioni appaltanti prevedessero un “maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestassero, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 46-bis del d.lgs. 198/2006” (certificazione parità di genere), in luogo dell’ottenimento del certificato stesso UNI/PdR 125:2022.

Pertanto, nella formulazione iniziale del nuovo codice all’art. 108, il punteggio premiale per favorire la parità di genere era stato basato anche su una autocertificazione – con valutazione a cura della S.A. – e non sulla sola certificazione di parità di genere UNI/PdR 125:2022. 

In questi termini, la formulazione dell’art. 108 eliminava il riferimento specifico alla certificazione (accreditata) e ampliava le modalità con cui un’impresa potesse dimostrare di adottare politiche per la parità tra i generi, sostituendo un’attestazione rilasciata da un soggetto terzo e imparziale con un’autocertificazione fornita dall’azienda stessa.

Ed ancora, all’art. 108 al comma 7 era stato precisato che la stazione appaltante dovesse verificare “l’attendibilità̀ dell’autocertificazione dell’aggiudicataria con qualsiasi adeguato mezzo”.

Ma le stazioni appaltanti, specialmente quelle di dimensioni ridotte, potrebbero non possedere le competenze adeguate a verificare l’attendibilità dell’autocertificazione. La formula “con qualsiasi adeguato mezzo” non fornisce, in questo senso, criteri chiari per la valutazione dei requisiti, disciplinati invece nella UNI/PdR 125:2022.

E ciò, in quanto la autocertificazione non offre le stesse garanzie della certificazione rilasciata sotto accreditamento, che è una forma di valutazione della conformità effettuata da un soggetto terzo, indipendente e imparziale. 

L’organismo di certificazione accreditato, infatti, svolgendo la propria attività con un alto grado di competenza offre maggiori garanzie circa l’effettivo rispetto dei requisiti previsti dalla norma di riferimento.

Nelle more dell’entrata in vigore del D. Lgs. 36/2023, tale modalità di verifica tramite autocertificazione è stata ampiamente criticata e proprio tale disposizione è stata investita dalla prima modifica del nuovo Codice, avvenuta ancor prima che lo stesso acquisisse efficacia. 

Infatti, l’art. 2 del D.L. 29 maggio 2023, n. 57, ha eliminato la possibilità di comprovare attraverso un’autocertificazione il possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione della parità di genere ai fini dell’attribuzione del punteggio premiale, andando a modificare l’art. 108 comma 7 D. Lgs. 36/2023.

Tale modifica del nuovo Codice dei contratti pubblici può essere considerata adeguata ed appropriata. 

Infatti, i requisiti cui rinvia la norma consistono nel rispetto di articolati parametri minimi sulla retribuzione; sulle opportunità di carriera; sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sull’equità remunerativa; sulla prevenzione di abusi e molestie; sulla genitorialità. 

In particolare, con la UNI/PdR 125:2022, per la misurazione del livello di maturità delle singole organizzazioni, sono state individuate sei Aree di valutazione, a ciascuna delle quali corrisponde un peso percentuale rispetto alla valutazione complessiva, come appresso indicate:

  • cultura e strategia (15%); 
  • governance (15%); 
  • processi HR (10%); 
  • opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda (20%); 
  • equità remunerativa per genere (20%); 
  • tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (20%)

Ogni singolo indicatore è associato a un punteggio, il cui raggiungimento o meno viene ponderato per il peso dell’Area di appartenenza. Solo il conseguimento dello score minimo complessivo del 60% consente l’accesso alla certificazione da parte dell’organizzazione.

Si tratta insomma di parametri molto articolati che sarebbero stati in concreto difficili da autocertificare per le imprese e, al contempo, il cui rispetto sarebbe stato complicato da verificare per le stazioni appaltanti.

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