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16 Settembre 2022
Blockchain e sostenibilità
Articolo scritto in collaborazione con Federico Lubner
Nel corso degli ultimi anni è sempre crescente l’attenzione verso tematiche sociali ed ambientali. E ciò, non solo nel linguaggio comune dove la parola “ambiente” o la parola “sostenibilità” sono spesso utilizzate, ma anche a livello finanziario, normativo e societario.
Non da dimenticare a livello nazionale è la recente riforma costituzionale dell’art. 9 e dell’art. 41, dove l’ambiente è entrato a far parte dei principi fondamentali della costituzione, ricevendo massima protezione. In particolare, lo Stato «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni».
Prima dello stato italiano, già altri paesi avevano voluto proteggere l’ambiente per le future generazioni, prevedendo specifica tutela normativa nella propria costituzione. Questo anche in linea con le aspirazioni europeiste e di politica internazionale atte a salvaguardare gli ecosistemi dalle attività antropiche e dalle massicce emissioni di gas serra in atmosfera.
A tal proposito, giova ricordare l’Accordo di Parigi del dicembre 2015, l’Agenda 2030 nonché gli Obiettivi 2050 volti alla decarbonizzazione delle attività industriali ed energivore per una chiara conversione di produzione di energia da fonti fossili a rinnovabili, al fine di mantenere in equilibrio l’ecosistema terrestre.
D’altronde, senza criticare o analizzare lo sviluppo degli attuali sistemi economici, la politica ha ben compreso il potere di dover indirizzare sia i privati che la pubblica amministrazione verso una gestione delle attività economiche in chiave “green” con la progressiva riduzione di emissioni di gas serra e con lo sviluppo sociale del territorio.
Ad esempio – come previsto dalla Direttiva UE 95 del 2014 recepita dalla normativa nazionale con il DL n. 254/2016 – attraverso la pubblicazione delle obbligatorie dichiarazioni non finanziarie (DNF o bilanci di sostenibilità) è possibile desumere dati societari relativi alla sostenibilità.
Difatti, con la dichiarazione non finanziaria le società obbligate alla relativa redazione hanno la possibilità di dimostrare i propri impegni ambientali, sociali, di uguaglianza ed inclusione e di dichiarare i propri obiettivi.
Tali aspetti sono stati ben armonizzati all’interno del mondo finanziario, poiché sempre più investitori – soprattutto i più giovani – sono orientati verso collocamenti di capitali in attività sostenibili che possano contribuire anche ad aspetti sociali o ambientali, minimizzando gli impatti avversi e non solo massimizzando i profitti economici.
Trattasi di investimenti sostenibili aderenti ai criteri ESG (environmental, social and governance) – o meglio a score e rating ESG – attraverso i quali è possibile compiere valutazione circa l’impegno di un’azienda verso i tre pilastri della sostenibilità: ambiente, società e governance.
I criteri ESG sono parametri extra-finanziari, avulsi dal profitto, capaci di generare un nuovo tipo di “esgonomia”, che si aggiungono ai parametri economici, aumentando così le possibilità di valutazione di una azienda o di un determinato investimento e/o attività.
I criteri ESG sono infatti divenuti strategici per tutte quelle realtà imprenditoriali che desiderano raccogliere capitali.
Numerosi sono i gruppi di società o le grandi società a livello mondiale che stanno adottando – perlomeno sulla carta e nelle dichiarazioni – politiche e strategie di sostenibilità, in chiave LCC, di welfare, di valorizzazione del territorio o di evoluzioni tecnologiche, al fine di incentivare una crescita sostenibile e non solo economica. Da un lato, con inevitabile guadagno di credibilità, dall’altro lato, generando negli investitori e negli stakeholder determinate aspettative che dovranno essere garantite.
Negli ultimi anni si è avuta la percezione che i criteri ESG – da soli – non siano idonei a garantire massima trasparenza a favore degli investitori, poiché non sempre è possibile valutare l’effettivo impatto delle politiche e delle strategie aziendali adottate, nonché il rispetto degli impegni di sostenibilità assunti.
E’ difficile per gli investitori gestire i rischi derivanti dalle valutazioni ESG per una carenza di dati e informazioni. Il capitale può essere non destinato ad attività totalmente o più sostenibili, con inevitabile ricaduta nel c.d. fenomeno del “greenwashing” (cfr caso Deutsche Bank e della controllata Dws) a danno degli investitori.
Recentemente, tali criticità hanno portato allo sviluppo di nuove opportunità in relazione alla veridicità delle dichiarazioni rese in ordine ad obiettivi di sostenibilità da parte delle aziende.
Valutata la possibilità di uniformare i criteri di valutazione e di rating ESG, si è ipotizzato di utilizzare la tecnologia blockchain, quale sistema di trasparenza immutabile per garantirne il rispetto anche dal punto di vista degli impegni di sostenibilità assunti.
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La tecnologia blockchain e transizione ecologica
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Prima di vedere come la tecnologia blockchain può essere usata come metodo di validazione delle dichiarazioni rese in ordine ad obiettivi di sostenibilità da parte delle aziende, è opportuno riassumere brevemente cos’è e come funziona.
La blockchain è definita come un sistema di ledger (registri) distribuiti, ossia Distributed Ledger Technologies (DLT). In sintesi può essere vista come un database distribuito: una catena cronologica di blocchi e ogni blocco memorizza tutte le informazioni sull’attività della rete dal momento in cui il blocco è stato aggiunto alla catena.
Esistono diversi tipi di blockchain che vengono utilizzati per vari scopi e da diversi tipi di organizzazioni. Vi sono essenzialmente due tipologie di blockchain: le blockchain permissioneless e quelle permissioned.
Le blockchain permissionless, note anche come blockchain pubbliche o trustless, sono reti aperte a tutti e tutti possono partecipare al processo di consenso che le blockchain utilizzano per convalidare transazioni e dati. In sostanza sono reti completamente decentralizzate tra parti sconosciute.
Le caratteristiche principali delle blockchain permissionless sono:
- piena trasparenza delle transazioni
- sviluppo open source
- anonimato
- assenza di un’autorità centrale
- uso massiccio di token e altri beni digitali come incentivi alla partecipazione.
Al contrario, le blockchain permissioned sono reti chiuse in cui parti precedentemente designate, a volte membri di un’organizzazione interagiscono e partecipano al consenso e alla convalida dei dati. Sono parzialmente decentralizzate, nel senso che sono distribuite tra partecipanti noti piuttosto che sconosciuti, come nelle blockchain senza permesso. I token e gli asset digitali sono possibili, ma meno comuni che nelle permissionless.
Le caratteristiche delle blockchain permissioned sono:
- la trasparenza controllata basata sugli obiettivi delle organizzazioni partecipanti;
- sviluppo da parte di entità private mancanza di anonimato
- assenza di un’autorità centrale, ma un gruppo privato autorizza le decisioni.
Ecco che quindi il tema dell’accessibilità dei dati è elemento centrale della tecnologia blockchain, ma anche una sfida fondamentale che richiede un’attenzione particolare. Come si è visto, l’accesso ai dati nelle DLT può essere privato o condiviso, a seconda delle regole su cui si basa la DLT, dello scopo della piattaforma e delle preferenze degli utenti. I vari approcci all’accesso dei dati sono in costante evoluzione e i metodi migliori per la protezione dei dati e la trasparenza nelle DLT sono ancora in fase di sviluppo e sperimentazione.
Le transazioni includono spesso alcuni tipi di informazioni riservate, come i dati personali, che non sono adatti alla conoscenza pubblica. Si dovrà pertanto prestare particolare attenzione alla tipologia di blockchain prescelta, anche in relazione, al mercato e al tipo di transazione o dato registrato.
Ad esempio, le DLT per le filiere agricole dovrebbero essere sviluppate con principi fondamentali per garantire la trasparenza e l’inclusività del mercato. Poiché la trasparenza è una caratteristica fondamentale delle DLT per i mercati e le filiere agricole, occorre considerare attentamente i tipi di dati che dovrebbero essere protetti e divulgati e, infine, come le DLT possano essere sviluppate per incentivare la condivisione dei dati da parte degli attori della filiera. Poiché le DLT offrono un enorme potenziale per una maggiore trasparenza del mercato, è importante che i dati chiave siano effettivamente accessibili.
Da quanto osservato brevemente, è possibile intuire la crescente importanza che la tecnologia blockchain avrà nella transizione ecologica. Le tecnologie DLT, infatti, possono contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici in due modi. In primo luogo, i DLT sono una solida piattaforma per la rendicontazione e il monitoraggio degli impegni assunti sia dai Paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, sia dalle società private in tema ESG.
In secondo luogo, i mercati dei crediti di carbonio potrebbero trarre vantaggio dall’utilizzo delle DLT, come mercato per lo scambio di crediti. Le DLT ridurrebbero l’attrito e porterebbero un approccio più trasparente ed efficiente alla contabilizzazione e alla compensazione delle emissioni di carbonio.
In conclusione, le applicazioni della tecnologia blockchain possono garantire una maggiore trasparenza, efficienza e responsabilità in ordine agli obiettivi di sostenibilità dichiarati ed assunti.
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